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al testo di Salvatore Armando Santoro
Dannato allinferno
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Sentire il suo respiro a me vicino sembra tornare indietro ad un passato che ancor rivivo, lieto e spensierato, con quel fugace amore salentino. Ora è silente il mio telefonino quel suo trillare ormai s’è addormentato lei mi ripete quel che è stato è stato, ed io mi sento un logoro zerbino. Mi illudo a volte d’avvertir lo squillo ma ormai anche la pila è scaricata e provo dentro il cuor forte uno spillo quando mi scrive e sembra ritornata ma lei più non ascolta ed il mio strillo è come un urlo d’anima dannata. Salvatore Armano Santoro (Boccheggiano 27.03.2020 – 00:55) - Sonetto Nella foto: Dipinto di Paolo e Francesca di Gustave Dorè
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Salvatore Armando Santoro
- 28/03/2020 23:58:00
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A LORENZO TOSCO
Durante gli anni bui dellultima guerra (armistizio nel 1943 ed io avevo già compiuto 5 anni e mezzo)mia madre, per distrarci, visto che aveva poco da offrirci per pranzo e cena, ci leggeva poesie di Pascoli, Carducci, Ada Negri,ecc..., storie di Santi e "Don Bosco che ride" (lei era fervente cattolica e con il marito in guerra e non si sapeva dove fosse). Ci leggeva anche il Corriere dei Piccoli che aveva per didascalie distici endecasillabi o settenari in rima baciata. Forse te ne ricorderai. "Sor Pampurio è arcicontento// del suo nuovo amico e cento// ne vorrebbe intorno a sé// come il signor Coso Cosè?". Come vedi ricordo ancora qualcosa è sono passati ben 77 anni da allora. E quel ritmo ripetuto allinfinito mi è rimasto fisso in testa e ad appena 14 anni scrissi una poesia che parlava di vecchi e tramonti (lugubre per la mia età) tutta in in quartine di endecasillabi che si classificò poi al 4° posto in un concorso letterario indetto dalla Diocesi di Reggio Calabria. E poi non smisi più di scrivere tanto che il mio insegnante di liceo invece di chiamarmi con il mio cognome quando mi doveva interrogare esclamava: "Oggi venga il poeta". Insomma il titolo me lero guadagnato già sui banchi del liceo. Il sonetto, lo sappiamo tutti, o almeno quelli più preparati, fiorì alla Corte dei Normanni. Federico II ebbe anche questo merito di risvegliare la letteratura in Italia e lo fece nella sua reggia di Palermo. Come si fa a non utilizzare, quindi, il sonetto che si presta a svariate composizioni anche se la sua struttura classica si sviluppa sempre su due quartine e due terzine? Comunque, ti ringrazio della visita e del tuo commento. Un affettuoso saluto e spero che tu stia bene.
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Lorenzo Tosco
- 27/03/2020 09:46:00
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Un bel snetto, Armando, bello davvero,scritto con le sue fisse regole, genere da molti, troppi, straziato per la totale incapacità di taluni di seguirme le regole, che sono quelle e soltanto quelle. Tu invece conosci bene, a quanto dimostri, lo stile del sonetto, nato tanti anni fa e da allora ancora vitale, tranne la pretesa di molti di cambiarne le regole a loro piacere. E questo perchè non ci hanno capito niente ed non vogliono rivelarlo. E allora, per loro, è preferibile straziarlo. A te complimenti, congratulazioni e saluti.
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